Dio conta le lacrime tue:
nell’incanto, l’amore turbato
dall’inconsulto destino
di compagna di uomo soldato
dai fragili sogni calpestati e sparati
dalle guance commosse di ricordi aggrediti
e di mai osate speranze,
come è d’uso tra la povera gente.
Dio, ora, sa di me e delle tue attese celate
e delle sue grida addentate,
della trincea di fango e di urina,
del dolore fermato nel freddo,
e nella gravità dei gesti miei,
in questa guerra
che non volli mai,
mi sorprende, nella tregua reclinata del ritorno,
grato al tuo pianto,
intenerito e non belligerante
come fiore deposto scosso e tremante
al vento storpio di un inverno ormai sconfitto.
Natale G. Calabretta